In Vincenzo Fano, Enrico Giannetto, Giulia Giannini & Pierluigi Graziani (eds.),
Complessità e Riduzionismo. ISONOMIA - Epistemologica Series Editor. pp. 54-64 (
2012)
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Abstract
Il tema della complessità della scienza è stato da qualche decennio oggetto
di una vasta letteratura sia sul versante più strettamente scientifico, sia sul
piano filosofico. Un argomento emerso con notevole interesse ha riguardato
un aspetto della complessità inteso come rinuncia a una generalizzazione dei
procedimenti assiomatico-deduttivi come metodo generale della ricerca
scientifica. È stata espressa la convinzione che la fisica pre-relativistica sia
stata fondata prevalentemente sul trionfo di questo metodo, sulla scia, fra
l’altro, della gloriosa tradizione dei Principia newtoniani. Pur riconoscendo
la sua imponenza storica e concettuale, che ha condotto spesso a una sua
identificazione con la stessa tradizione della scienza occidentale, la mia
ricerca storica ha evidenziato una posizione antagonista presente nelle idee
di Newton, e ripresa da due grandi fisici ottocenteschi, Ampere e Maxwell,
posizione consistente in un ricorso alla cosiddetta deduzione dai fenomeni,
un metodo di ricerca che rappresenta un’importante alternativa rispetto al
metodo assiomatico-deduttivo. Nei primi decenni del nuovo secolo, si
impongono poi progressivamente le idee di Einstein, che sul problema del
metodo presentano un’irrisolta problematica. La celebrazione del metodo
assiomatico-deduttivo si contrappone ad una lode dell’osservazione dei
fenomeni e della riflessione sugli esperimenti, una variazione sul tema della
deduzione dai fenomeni. Seppure i contributi del grande scienziato alle
teorie derivate dagli assiomi del campo generalizzato non portarono a teorie conclusive, le sue idee in merito contribuirono enormemente alla moderna riflessione storico-epistemologica sulla scienza.