Nóema 1:1-26 (
2010)
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Abstract
Nāgārjuna, vissuto in India attorno al primo secolo dopo Cristo, è certamente una delle figure più importanti del pensiero buddhista. In una delle sue opere principali, le ‘Strofe sulla via di mezzo ’, egli elabora in modo compiuto la nozione di ‘vuoto’, che diverrà uno dei concetti fondamentali di tutto il buddhismo successivo, dando vita alla ‘scuola del vuoto’, la quale avrà grande fortuna in Tibet, Cina e Giappone. Per vuoto non si intende certo il nulla, bensì l’inconsistenza rivelata dal reale quando considerato alla luce della critica di Nāgārjuna. Tale critica si esplica innanzitutto sul piano del linguaggio, e possiede quindi una evidente dimensione pragmatica. Il ‘vuoto’ nāgārjuniano sarà allora non solo una non-ontologia, ma anche una non-predicazione, che ammetterà però il giudizio, e quindi la determinazione, solo ed esclusivamente dal punto di vista della prassi del dire. Al linguaggio non è richiesto di parlare dell’essere, bensì di testimoniare, attraverso la propria inconsistenza, dell’assoluta coincidenza di essere e non-essere.