Pisa: Edizioni ETS (
forthcoming)
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Abstract
Che cosa sono il pensiero critico e l’ingiustizia epistemica? E cosa hanno a che vedere con l’educazione e la riduzione delle disuguaglianze?
Secondo una concezione molto diffusa il pensiero critico è un pensiero ragionevole finalizzato a decidere cosa credere e come agire. Tuttavia, come intendere questa ragionevolezza? Affrontare questa questione, nell’ottica del nostro convegno, richiede la considerazione di un altro aspetto noto come ‘ingiustizia epistemica’. L’ingiustizia epistemica è un fenomeno che genera oppressione relativamente a questioni legate alla conoscenza. Ciò accade quando non si ascolta una persona e non si presta attenzione al suo pensiero o al suo giudizio, poiché ritenuti irrilevanti o ingiustamente non competenti, a causa di un pregiudizio. Questi pregiudizi possono essere l’appartenenza del parlante a una diversa classe sociale, a una determinata etnia, o genere o gruppo sociale. Tuttavia, esistono varie forme di ingiustizia epistemica. La conoscenza, infatti, comporta l’interscambio e la partecipazione al dialogo, alla discussione ai gruppi di ricerca. La partecipazione ad un dibattito non richiede solo uno scambio di informazioni, bensì anche la presentazione di domande e la considerazione di possibilità alternative. In questo caso l’ingiustizia epistemica avviene perché la partecipazione di un parlante, sebbene accreditato come competente, non viene presa in considerazione come un valido contributo al dibattito.
L’idea di fondo di questo convegno è dunque che la filosofia per ragazzi, attraverso la discussione, nonché la trasmissione di contenuti e problematiche può contribuire all’abbattimento delle barriere che generano le disuguaglianze, favorendo lo sviluppo di una sensibilità critica e al tempo stesso etica. La sensibilità critica risulta funzionale a una forma di resistenza, vale a dire a un uso delle nostre risorse epistemiche e abilità che depotenziano e cambiano le strutture normative oppressive, quale tratto caratteristico della democrazia. Ciò significa concepire la democrazia come un processo dinamico di auto-correzione e apprendimento continui.