La concezione epistemica dell'analiticità

Aracne editrice (2014)
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Abstract

La rinascita negli ultimi decenni di un nutrito dibattito intorno alla nozione di analiticità dopo le critiche a suo tempo mosse da Quine alla batteria di nozioni utilizzate da Rudolf Carnap (ad esempio, postulati di significato, regole semantiche, definizioni implicite, convenzioni e stipulazioni esplicite) prende le mosse da una riflessione critica sulle argomentazioni di Quine e tenta, da un lato, di approfondire meglio il legame fra analiticità e conoscenza a priori, e, dall’altro, di capire meglio il ruolo che la definizione può svolgere nella costituzione del significato e nella formulazione di verità concettuali. Questa nuova concezione è detta “epistemica” ed ha fra i suoi più autorevoli fautori Crispin Wright, Bob Hale e Paul Boghossian. Boghossian, al pari di molti filosofi critici della nuova concezione epistemica, come Timothy Williamson, conviene però con Quine nel sostenere che gli enunciati analitici hanno portata fattuale e vertono anch’essi sul mondo, oltre che sul linguaggio. Anche per questa ragione essi possono rendere possibile una genuina estensione delle nostre conoscenze. Tuttavia una seconda linea di obiezioni facenti capo dapprima a Paul Horwich, e in seguito agli stessi Wright e Hale, mette in evidenza rispettivamente due difficoltà corrispondenti alle questioni dell’arroganza e dell’accettazione. In questa discussione una parte importante è svolta dalla ripresa e della discussione del condizionale di Carnap, impiegato per rendere conto del ruolo che i termini teorici svolgono nel quadro dell’intera teoria cui appartengono, senza con ciò sposare le conseguenze dell’olismo quineano. La tesi centrale che questo lavoro cerca di rendere plausibile è che una lettura attenta degli ultimi scritti di Carnap mostri come il carattere aperto che egli attribuisce ai termini teorici in ragione, sia dello loro intrinseca indeterminatezza, sia delle revisioni imposte dalle scoperte scientifiche, è perfettamente compatibile con la fattorizzazione del contenuto di una teoria scientifica data in una parte linguistica, il condizionale di Carnap, riguardante la costituzione del significato di un certo termine teorico, e nella sua controparte empirica, che consente di registrare l’impatto dell’esperienza sulla teoria in questione. Se praticabile, questa concezione può a buon diritto entrare nel novero delle teorie epistemiche dell’analiticità, senza accampare alcuna pretesa di far rivivere i fasti della conoscenza a priori classica.

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Alessia Marabini
University of Aberdeen

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2014-11-14

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