Distinguere uno Stato da una banda di ladri. Etica e diritto nel XX secolo

Bologna: Il Mulino (2014)
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Abstract

Che cosa distingue, concettualmente, l’esattore delle tasse che esiga da un uomo, a pena di sanzioni, una determinata somma di denaro, dal bandito che gli intimi, sotto la minaccia di un’arma, di consegnargli la medesima somma? È sul soddisfacimento del requisito della giustizia che si fonda, come sostenne Agostino, l’eterogeneità tra uno Stato e un’accolita di furfanti? «Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati, se non delle grandi bande di ladri? Perché le bande di briganti che cosa sono, se non dei piccoli Stati?». Il volume ripercorre le risposte più autorevoli fornite nel XX secolo, entro un orizzonte postmetafisico, alla domanda agostiniana: prima dell’avvento del regime nazista, la tesi che un’associazione a delinquere sia indistinguibile da uno Stato è stata sostenuta da Benedetto Croce, Santi Romano e Hans Kelsen; dopo l’esperienza del nazismo e delle sue atrocità, perpetrate in nome dello Stato e della legge, le questioni relative alla natura del diritto e alla relazione tra morale e diritto hanno assunto – come ha osservato Robert Alexy – «l’urgenza di un problema scottante», e la domanda filosofica sulla validità della legge ingiusta è apparsa ineludibile non solo ai maggiori filosofi del diritto (Herbert L.H. Hart, Alf Ross, Ronald Dworkin e lo stesso Alexy), ma alle stesse corti tedesche.

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