Abstract
Nel presente scritto, l’attività di insegnamento filosofico viene sottoposta ad interrogativi riguardanti gli elementi che la caratterizzano, ovvero ciò che viene insegnato, chi insegna e a chi si insegna. Nasce così una riflessione teoretica su tre concetti basilari, ovvero la filosofia, il soggetto e l’altro. Attraverso le suggestioni di grandi pensatori, in primis l’Heidegger di Essere e Tempo, ma anche Platone, Aristotele, Cartesio, Deleuze e Levinas, vengono proposte possibili definizioni dei concetti suddetti.
La filosofia viene così considerata in senso statico, come sentiero diretto al sapere, e dinamico, come prassi sempre rinnovantesi. Per quanto riguarda il “chi”, una volta stabilito che, per natura o necessità ontica, ogni uomo tende al sapere, viene definito il soggetto in grado di insegnare la filosofia ad altri. Questi può essere sia il semplice studioso di filosofia, che il filosofo vero e proprio. La differenza tra i due si configura come segue: il primo si occupa solo della conoscenza di sentieri già tracciati, il secondo ne traccia anche di nuovi. Il destinatario dell’insegnamento filosofico si configura, invece, come alterità a cui la soggettività docente deve relazionarsi. Si giunge pure qui ad una definizione duplice, ovvero dell’allievo come semplice conoscente, la cui componente attiva è limitata alla ricezione dei contenuti, e dell’allievo come praticante, che sperimenta vari metodi e si mette in gioco nella teoresi.
Vengono infine delineate possibili configurazioni in base a queste tre coppie di concetti, configurazioni che, a propria volta, diventano molteplici nelle realtà singolari.