Abstract
In EN II, 1108 9-1108 b10 e più estesamente in EN IV, 1126b 10-1128b 9 Aristotele analizza tre virtù (amichevolezza, sincerità e arguzia) che, coinvolgendo il linguaggio e il senso dell’umorismo, riguardano quell’aspetto fondamentale della natura umana che è la socialità, al punto che pare giustificato l’utilizzo dell’etichetta “virtù sociali” per riferirsi ad esse. Tali virtù, infatti, rappresentano le eccellenze nell’ambito dei rapporti sociali non connotati da affetto e amicizia, ma caratterizzati da un legame ben definito, sufficiente a giustificare l’emergere di virtù peculiari. Questo legame è la cittadinanza: la comune appartenenza a una stessa città genera una frequentazione che, per quanto formale o comunque non sentimentalmente connotata, è opposta all’estraneità. C’è un fine comune che regge la polis, in forza del quale ogni estraneità è vinta, e di cui l’amichevolezza reciproca, l’esigenza di una veridicità nei rapporti, e persino la moderazione ironica nello scherzare e nel fare battute sono segno inequivocabile. Aristotele pertanto tematizza una sfera ben precisa dei rapporti sociali, e ne stabilisce le eccellenze: ciò significa che questa sfera ha una sua specificità e consistenza e di conseguenza anche che questo gruppo di virtù ha una sua autonomia.