According to philosophical orthodoxy, there are informative criteria of identity over time. Anti-criterialism rejects this orthodoxy and claims that there are no such criteria. This paper examines anti-criterialism in the light of recent attacks on the thesis by Matt Duncan, Sydney Shoemaker and Dean Zimmerman. It is argued that those attacks are not successful. Along the way, a novel strategy to defend anti-criterialism against the critics’ most challenging objection is developed. Under-appreciated difficulties for criterialism are also (...) raised which, I claim, there is no obvious way to solve. It is concluded that anti-criterialism may be a much stronger rival to criterialism than is often supposed. (shrink)

In virtue of what do things persist through time? Are there criteria of their identities through time? Anti-criterialists say no. One prominent challenge to anti-criterialism comes in two steps. The first step is to show that anti-criterialists are committed specifically to the claim that there are no informative metaphysically sufficient conditions for identity through time. The second step is to show that this commitment yields absurd results. Each step of this challenge is open to objection. However, in what follows, (...) I will refortify this challenge to anti-criterialism by offering new reasons to take each step. (shrink)

I criteri neurologici per accertare il decesso, da impiegare in alternativa a quelli cardiorespiratori se il paziente ha subìto lesioni cerebrali e si trova collegato alle apparecchiature per la ventilazione artificiale, sono entrati nell’uso comune della pratica medica occidentale da circa quarant’anni ed il consenso di cui essi godono nella comunità scientifica sembra, a prima vista, essere ancora oggi molto solido. Si diceva a prima vista, perché se si esamina con attenzione la letteratura dal 1992 ad oggi, si possono scoprire (...) i crescenti numeri del dissenso: ripensamenti e critiche provengono soprattutto da esperti di area medico-biologica, che associano le loro voci a quelle di filosofi, teologi, studiosi di etica. I motivi del dissenso sono molteplici, e l’ampia letteratura che li documenta riguarda la teoria scientifica posta a fondamento dei criteri neurologici, ed evidenzia le contraddizioni, teoriche ed applicative, derivanti dall’uso di quei criteri. (shrink)

Dominant views of personal identity in philosophy take some kind of psychological continuity or connectedness over time to be criterial for the identity of a person over time. Such views assign psychological states, particularly those necessary for narrative memory of some kind, special importance in thinking about the nature of persons. The extended mind thesis, which has generated much recent discussion in the philosophy of mind and cognitive science, holds that a person’s psychological states can physically extend beyond that person’s (...) body. Since “person” is a term of both metaphysical and moral significance, and discussions of both extended minds and personal identity have often focused on memory, this article explores the relevance of extended cognition for the identity of persons with special attention to neuroethics and memory. (shrink)

An analogue of Arrow’s theorem has been thought to limit the possibilities for multi-criterial theory choice. Here, an example drawn from Toy Science, a model of theories and choice criteria, suggests that it does not. Arrow’s assumption that domains are unrestricted is inappropriate in connection with theory choice in Toy Science. There are, however, variants of Arrow’s theorem that do not require an unrestricted domain. They require instead that domains are, in a technical sense, ‘rich’. Since there are rich domains (...) in Toy Science, such theorems do constrain theory choice to some extent—certainly in the model and perhaps also in real science. (shrink)

Iris Murdoch claims that “clear vision is a result of moral imagination and moral effort.” Our experience of the world can be blurred by egoism, inattentiveness, and other failings. I ask how we distinguish clear vision from distorted vision. Murdoch’s texts appeal to four factors: (A) attention; (B) unselfing; (C) a form of conceptual articulacy; and (D) love. I ask three questions about these standards: - Are these standards directed at the same goal? (For example, are they all geared toward (...) securing purely epistemic goals?) - Are these standards criterial for improvements in vision? (That is, does the presence of some combination of (A)-(D) constitute or guarantee better vision?) - Does Murdoch think that there’s a single best form of vision? (Such as the one attained by the person who manifests (A)-(D)?) In the secondary literature, the typical answers to these questions are: yes, yes, yes. But I give different answers: no, no, no. (shrink)

This paper presents a new anti-criterialist view, Brutal Personal Identity (BPI). According to BPI, personal identity is a quasi-fundamental fact, which is metaphysically grounded in brute facts about absolutely fundamental personhood. By reversing the order of metaphysical explanation, BPI is not a form of identity mysticism as Dean Zimmerman asserts. Instead, BPI has even the potential to lay a solid foundation for developing an appropriate account of mentality and first-person perspectives. Furthermore, a comparison between BPI and soul theory is provided (...) to show why BPI is better than its main anti-criterialist rival. This provides us a compelling reason for considering BPI in the debate over personal identity. (shrink)

Se leggiamo tra le righe del suo lavoro, possiamo scoprire che Varzi prende i mostri molto sul serio. Troviamo, per esempio, mostri mereologici frutto della composizione non ristretta, come l’entità costituita dalla metà sinistra di questa mela e dal bracciolo di quella poltrona.10 Oppure mostri topologici dai quali una teoria mereotopologica delle nicche deve rifuggire, come le curve riempispazio di Peano e Hilbert.11 O, ancora, mostri ontologici come l’antimateria;12 le entità “inesistenti” che, come si sa, non possono esistere, dato che (...) non ci sono cose che non esistono; e le entità “negative”: buchi, mancanze e omissioni, conferenze non date.13 In questo contributo, seguendo il suggerimento di Varzi, parlerò, appunto, di mostri, prendendo l’avvio da alcune creature che popolano il regno della finzione, per poi passare a trattare dei mostri che popolano il nostro mondo. Essendo poco lo spazio e molti i mostri, procederò dapprima proponendone una tassonomia – punto di partenza per ogni generalizzazione che si rispetti – e in seguito cercando di illustrare perché i mostri vadano presi sul serio in metafisica. È d’obbligo precisare che si tratterà di una tassonomia parziale e provvisoria, ma lo è altrettanto ricordare che le tassonomie, quelle biologiche in particolare, lo sono sempre, per due ragioni. In parte, perché la vita è in costante evoluzione, in parte perché le nostre conoscenze e decisioni condizionano la struttura e i contenuti dei nostri sistemi di categorie: basti pensare che la prima edizione del Systema naturae di Linneo contava undici pagine, mentre la tredicesima ben tremila, ripartite in sei volumi. Quando un tassonomo scopre un organismo che ritiene – dopo accurati esami comparativi – essere appartenente a una specie fino ad allora sconosciuta, ne deposita nella letteratura scientifica, insieme al nome binomiale (cioè il nome specifico, composto dall’indicazione del genere e della specie, come Homo sapiens), una descrizione in termini di caratteri fenetici. Quel token è chiamato tipo nomenclaturale, o esemplare-tipo, ed è il portatore del nome della specie di cui viene considerato tipo. Sulla falsariga della procedura appena descritta, riporterò la descrizione di alcuni tipi nomenclaturali per una tassonomia mostruosa che si baserà su tre criteri principali: (1) l’origine, (2) la costituzione genetica, (3) l’aspetto fenotipico. Prima di procedere, vorrei però sottolineare tre rispetti sotto i quali classificare mostri mitologici differisce dal classificare individui “ordinari”. Innanzitutto, nel caso dei mostri mitologici non è possibile, a causa del frequente intervento divino, ricorrere al criterio dell’interfecondità per stabilire se due mostri appartengono alla medesima specie. Ma d’altro canto, tale criterio, benché sia abbastanza affidabile per gli animali, non lo è affatto, per ragioni diverse dai mostri, per molte piante, alghe e funghi. Un’altra peculiarità da segnalare – di cui però non avremo modo di occuparci oltre – è che le entità mitologiche sono frequentemente soggette a trasformazioni sostanziali, mentre la nostra biologia sembra, aristotelicamente, escluderne la possibilità: una tigre non può trasformarsi in un canguro, pena la sua uscita dall’esistenza. Meno paradossalmente, una larva di mosca e la mosca adulta saranno considerate appartenenti alla medesima sorta – la mosca, appunto – benché dall’una all’altra non vi sia praticamente alcuna continuità materiale (nella metamorfosi la larva viene distrutta quasi completamente e l’adulto si genera a partire da pochi aggregati cellulari indifferenziati). Infine, nel caso dei mostri mitologici, parlerò più genericamente di “gruppo tassonomico” anziché di “specie” (e dunque il nome dei tipi nomenclaturali non sarà un nome binomiale) dal momento che, come diverrà chiaro nel corso della lettura, è proprio il concetto di “specie” come diverrà chiaro nel corso della lettura, è proprio il concetto di “specie” come articolazione naturale non oltrepassabile che i mostri che andiamo a classificare ci chiedono di mettere in discussione. (shrink)

Someone who knew everything about the world’s physical nature could, apparently, suffer from ignorance about various aspects of conscious experience. Someone who knew everything about the world’s physical and mental nature could, apparently, suffer from moral ignorance. Does it follow that there are ways the world is, over and above the way it is physically or psychophysically? This paper defends a negative answer, based on a distinction between knowing the fact that p and knowing that p. This distinction is made (...) intelligible by reference to criterial connections between the possession of moral or phenomenal knowledge, and the satisfaction of cognitively neutral conditions of desire and experiential history. The existence of such connections in the moral case makes for an efficient dissolution of the so-called moral problem. (shrink)

This book concerns the foundations of epistemic modality and hyperintensionality and their applications to the philosophy of mathematics. David Elohim examines the nature of epistemic modality, when the modal operator is interpreted as concerning both apriority and conceivability, as well as states of knowledge and belief. The book demonstrates how epistemic modality and hyperintensionality relate to the computational theory of mind; metaphysical modality and hyperintensionality; the types of mathematical modality and hyperintensionality; to the epistemic status of large cardinal axioms, undecidable (...) propositions, and abstraction principles in the philosophy of mathematics; to the modal and hyperintensional profiles of the logic of rational intuition; and to the types of intention, when the latter is interpreted as a hyperintensional mental state. Chapter \textbf{2} argues for a novel type of expressivism based on the duality between the categories of coalgebras and algebras, and argues that the duality permits of the reconciliation between modal and hyperintensional cognitivism and modal and hyperintensional expressivism. Elohim develops a novel, topic-sensitive truthmaker semantics for dynamic epistemic logic, and develops a novel, dynamic two-dimensional semantics grounded in two-dimensional hyperintensional Turing machines. Chapter \textbf{3} provides an abstraction principle for two-dimensional (hyper-)intensions. Chapter \textbf{4} advances a topic-sensitive two-dimensional truthmaker semantics, and provides three novel interpretations of the framework along with the epistemic and metasemantic. Chapter \textbf{5} applies the fixed points of the modal $\mu$-calculus in order to account for the iteration of epistemic states in a single agent, by contrast to availing of modal axiom 4 (i.e. the KK principle). The fixed point operators in the modal $\mu$-calculus are rendered hyperintensional, which yields the first hyperintensional construal of the modal $\mu$-calculus in the literature and the first application of the calculus to the iteration of epistemic states in a single agent instead of the common knowledge of a group of agents. Chapter \textbf{6} advances a solution to the Julius Caesar problem based on Fine's `criterial' identity conditions which incorporate conditions on essentiality and grounding. Chapter \textbf{7} provides a ground-theoretic regimentation of the proposals in the metaphysics of consciousness and examines its bearing on the two-dimensional conceivability argument against physicalism. The topic-sensitive epistemic two-dimensional truthmaker semantics developed in chapters \textbf{2} and \textbf{4} is availed of in order for epistemic states to be a guide to metaphysical states in the hyperintensional setting. -/- Chapters \textbf{8-12} provide cases demonstrating how the two-dimensional hyperintensions of hyperintensional, i.e. topic-sensitive epistemic two-dimensional truthmaker, semantics, solve the access problem in the epistemology of mathematics. Chapter \textbf{8} examines the interaction between Elohim's hyperintensional semantics and the axioms of epistemic set theory, large cardinal axioms, the Epistemic Church-Turing Thesis, the modal axioms governing the modal profile of $\Omega$-logic, Orey sentences such as the Generalized Continuum Hypothesis, and absolute decidability. These results yield inter alia the first hyperintensional Epistemic Church-Turing Thesis and hyperintensional epistemic set theories in the literature. Chapter \textbf{9} examines the modal and hyperintensional commitments of abstractionism, in particular necessitism, and epistemic hyperintensionality, epistemic utility theory, and the epistemology of abstraction. Elohim countenances a hyperintensional semantics for novel epistemic abstractionist modalities. Elohim suggests, too, that higher observational type theory can be applied to first-order abstraction principles in order to make first-order abstraction principles recursively enumerable, i.e. Turing machine computable, and that the truth of the first-order abstraction principle for two-dimensional hyperintensions is grounded in its being possibly recursively enumerable and the machine being physically implementable. Chapter \textbf{10} examines the philosophical significance of hyperintensional $\Omega$-logic in set theory and discusses the hyperintensionality of metamathematics. Chapter \textbf{11} provides a modal logic for rational intuition and provides a hyperintensional semantics. Chapter \textbf{12} avails of modal coalgebras to interpret the defining properties of indefinite extensibility, and avails of hyperintensional epistemic two-dimensional semantics in order to account for the interaction between interpretational and objective modalities and the truthmakers thereof. This yields the first hyperintensional category theory in the literature. Elohim invents a new mathematical trick in which first-order structures are treated as categories, and Vopenka's principle can be satisfied because of the elementary embeddings between the categories and generate Vopenka cardinals in the category of Set in category theory. Chapter \textbf{13} examines modal responses to the alethic paradoxes. Elohim provides a counter-example to epistemic closure for logical deduction. Chapter \textbf{14} examines, finally, the modal and hyperintensional semantics for the different types of intention and the relation of the latter to evidential decision theory. (shrink)

La storia della nascita, utilizzo e declino delle notazioni scientifiche costituisce un’area di indagine importante che può aiutare le nostre analisi del pensiero scientifico e la sua evoluzione. […] this history constitutes a mirror of past and present conditions in mathematics which can be made to bear on the notational problems now confronting mathematics. The successes and failures of the past will contribute to a more speedy solutions of the notational problems of the present times.Questa storia, ovviamente, coinvolge anche le (...) notazioni della logica. Il presente contributo intende proporre un nuovo insieme di simboli per una particolare teoria logica: la Mereologia Formale, in considerazione del fatto che questa teoria, pur avendo avuto trattazioni sistematiche, non ha allo stato attuale ancora raggiunto un sistema di notazioni condiviso dagli studiosi. Tale stato dell’arte è espressione, da un lato, di un legame della teoria al suo nascere con la notazione polacca, e del suo confronto con la Teoria Assiomatica degli Insiemi; dall’altro, del fatto che essa ha ricevuto solo in tempi recenti sistematiche applicazioni alle scienze.94 In tale prospettiva ho ritenuto necessario definire in primo luogo dei criteri attraverso cui procedere alla costruzione del sistema di simboli. Criteri desunti in parte dalla storia delle notazioni scientifiche nella loro evoluzione, in parte dalla pratica personale nell’uso di strumenti formali. (shrink)

This book aims to examine the contributions that beauty (pulchrum in Latin) can offer to the educational activity, focusing on the subject from the point of view of Thomistic Psychology. For this, comes to answering some previous criterial and methodological objections to recall thereafter the main points of that psychological conception. The book presents what this conception understands as human powers, their interaction and dynamism, the role of emotions in the latter, and the processes arising from such interaction. In succession, (...) it analyzes the interaction of these powers amongst themselves and with the transcendentals of being, as well as the catalytic role that the pulchrum can have on those processes, placing them in synergy, particularly for the formation of personality and character. The book examines, then, the relations of this synergy with the essence of learning, the contributions that this later can receive from the Thomistic conception of person and their relationship with the proper use of pulchrum in education. And concludes with the didactic efficacy that results from the confluence of all these factors, its positive consequences for the various forms of educational activities and for life in society, as well as opening an invitation to the development of research in this area. (shrink)

Sometimes in philosophy one view engenders another. If you hold the first, chances are you hold the second. But it’s not always because the first entails the second. Sometimes the tie is less clear, less clean. One such tie is between substance dualism and anti-criterialism. Substance dualism is the view that people are, at least in part, immaterial mental substances. Anti-criterialism is the view that there is no criterion of personal identity through time. Most philosophers who hold the (...) first view also hold the second. In fact, many philosophers just assume that substance dualists ought to, or perhaps even have to, accept anti-criterialism. But I aim to show that this assumption is baseless. Substance dualism doesn’t entail, suggest, support, or in any way motivate anti-criterialism, and anti-criterialism confers no benefit on dualism. Substance dualists have no special reason—and, indeed, no good reason at all—to accept anti-criterialism. Or so I shall argue. My aim isn’t to defend substance dualism, nor is it to attack anti-criterialism. My aim is to show that, contrary to a long-standing trend, dualists needn’t be anti-criterialists. Nor, as it will turn out, should they be. (shrink)

Speech Acts, Criteria and Intentions What makes a speech act a speech act? Which are its necessary and sufficient conditions? I claim in this paper that we cannot find an answer to those questions in Austin's doctrine of the infelicities, since some infelicities take place in fully committing speech acts, whereas others prevent the utterance from being considered as a speech act at all. With this qualification in mind, I argue against the idea that intentions—considered as mental states accomplishing a (...) causal role in the performance of the act—should be considered among the necessary conditions of speech acts. I would thus like to deny a merely ‘symptomatic’ account of intentions, according to which we could never make anything but fallible hypotheses about the effective occurrence of any speech act. I propose an alternative ‘criterial’ account of the role of intentions in speech acts theory, and analyse Austin's and Searle's approaches in the light of this Wittgensteinian concept. Whether we consider, with Austin, that speech acts ‘imply’ mental states or, with Searle, that they ‘express’ them, we could only make sense of this idea if we considered utterances as criteria for intentions, and not as alleged behavioural effects of hidden mental causes. (shrink)

La simbologia iniziatica raccoglie varie forme di simboli: quelli che appartengono a un’antica tradizione e che si ripresentano come una normalizzazione del passato in chiave modernizzata; quelli che derivano da un patto tra i membri della collettività iniziatica e che garantiscono l’unità del gruppo, che sono sincronici nell’ambito del gruppo stesso; quelli che hanno il senso di proiezione al superamento dei limiti gnoseologici del gruppo e dei suoi membri, sono tradizionali ma mediante il loro carattere di molteplicità semantica offrono nuove (...) opportunità gnoseologiche. Il silenzio non fa parte della prima categoria, perché non tutti i gruppi iniziatici antichi o tradizionali lo utilizzavano ritualmente o lo consideravano come simbolo e quindi non poteva avere una funzione normativa suscettibile di modernizzazione. Può essere momento cruciale del secondo quando viene ritualizzato nelle diverse fasi d’apprendimento sulla base di una pattuizione connessa alla creazione del rituale e costituendosi come uno dei fulcri sincronici del gruppo, assicurando la sua unitarietà. Può anche appartenere al terzo caso quando assume una veste tradizionale ma avendo una sua pluridimensionalità semantica, nella comunione del dicere e tacere pulsa di opportunità nuove per l’accrescimento iniziatico. Il silenzio nel contesto iniziatico è una forma linguistica specifica che caratterizza tutto il percorso degli iniziati. Questi elaborano all’interno del gruppo la sintassi del silenzio, la morfologia dei simboli espressi tacitamente, senza spiegare compiutamente i loro significati. Ogni simbolo, o segno in senso semiotico, ha delle diverse significazioni per le diverse fasi del percorso iniziatico. Ognuno appartiene a una diversa tipologia di rapporto con ciò a cui si riferisce: ha rapporto di “similarità” come il disegno di una squadra e compasso che illustra degli oggetti operativi, di “prossimità” quando manifesta l’operazione di misurazione e di relazione dei rapporti alla quale l’oggetto è destinato, di “concordanza” se rinvia all’oggetto dentro la cognizione di una regola architettonica. Il simbolo in quanto forma speciale di segno si manifesta (prima fase d’apprendimento), come nell’esempio, in modalità iconografico-descrittiva contenente un significato “dettato”. È una dictatio iniziatica da tenere nel silenzio di fronte al mondo essoterico , del quale l’iniziando è ancora permeato, la simbologia deve essere evocata senza esplicitarne i suoi intimi significati, la si descrive ma non la si espone compiutamente. È il valore evocativo, indeterminato e silenziato, che deve stimolare l’iniziando alla ricerca dei significati. L’indeterminazione del silenzio destruttura l’essoterico, il suo pensiero le sue categorie criteri e valori, porta al deserto dei significati essoterici come via all’ontologia del linguaggio iniziatico. È stadio di attesa, di rinvio a un mondo altro. Si sospettano dei significati che nella successiva fase incominciano a palesarsi in una dictatio più precisa, un dictamen funzionale a rappresentare il concetto di misurazione nelle sue plurime significanze ove la misura è assunta come astrazione simbolico-concettuale. Proseguendo, il segno in forma di oggetto si spoglia di ogni rimando fattuale ed esistenziale, di comunicazione di un’astrazione o ideazione concettuale e si smaschera nel suo essere “regola” iniziatica. (shrink)

Articolo divulgativo pubblicato su Immoderati il 10 novembre 2021. Inizio analizzando i criteri di legittimità dell'eutanasia normalmente accettati nella discussione etica filosofica. Passo quindi alle argomentazioni teologiche contro l'eutanasia e il suicidio (dalla Summa di Tommaso), e sottolineo come la morte non possa mai essere detta migliore della vita. Mostro però l'esistenza di varie eccezioni, e come invece la dottrina del doppio effetto possa legittimare l'eutanasia. Concludo che, anche se il cristiano può voler rifiutare ogni possibilità d'eutanasia, ciò non implica (...) l'opposizione ad una legislazione in merito, che al contrario è coerente con l'insegnamento dei padri. (shrink)

The Ethics of Liberation by Enrique Dussel pleads for three criteria that every political revolution must fulfill if it wishes to use violence in a legitimate way: the formal criterion (that basically takes after the ideal dialogue situation endorsed by Apel and Habermas); the material criteri..

Many philosophers take mind-independence to be criterial for realism about kinds. This is problematic when it comes to psychological and social kinds, which are unavoidably mind-dependent. But reflection on the case of artificial or synthetic kinds shows that the criterion of mind-independence needs to be qualified in certain ways. However, I argue that none of the usual variants on the criterion of mind-dependence is capable of distinguishing real or natural kinds from non-real kinds. Although there is a way of modifying (...) the criterion of mind-independence in such a way as to rule in artificial kinds but rule out psychological and social kinds, this does not make the latter non-real. I conclude by proposing a different way of distinguishing real from non-real kinds, which does not involve mind-independence and does not necessarily exclude psychological and social kinds. (shrink)

The aim of this paper is to discuss theories that attempt to single out the class of intentional states by appealing to factors that are supposedly criterial for intentional sentences. The papers starts with distinguishing two issues that arise when one thinks about intentional expressions: the Taxonomy Problem and the Fundamental Demarcation Problem. The former concerns the relation between the classes of distinct intentional verbs and distinct intentional states. The latter concerns the question about how to distinguish intentional states and (...) acts from the non-intentional ones. Next, the general desiderata for theories providing criteria for singling out the class of intentional sentences are introduced. Finally, distinct proposals for providing such criteria are analyzed. Author argues that neither is satisfactory. (shrink)

Este artigo investiga alguns usos da metáfora da linguagem como cálculo em Wittgenstein. A metáfora do cálculo emerge, nos anos 30, numa interlocução com o referencialista, e é ali instrumental na recondução do olhar filosófico para os usos efetivos do simbolismo linguístico. Contudo, foi levada longe demais, ao sugerir uma imagem da linguagem composta apenas de inferências à maneira dos sistemas de regras fechados. Isto embargaria certa expansão pragmática do contexto criterial da análise conceitual. Mas a aplicabilidade do símile do (...) cálculo não é invalidada. A metáfora será reativada em manuscritos posteriores, sempre e quando puder servir aos mesmos propósitos do período intermediário, à medida que o ambiente dialógico convoque novas vozes dogmaticamente referencialistas. Ainda assim, é nos manuscritos intermediários que melhor se esclarece o seu funcionamento. Tal movimento exemplifica, por fim, um método filosófico que não procede por meio da superação de problemas à maneira científica. (shrink)

Nel primo paragrafo sarà esaminato l’impianto normativo che regola le pubbliche amministrazioni, riformato dalle l. n. 142 e n. 241 del 1990, dal D.Lgs. 29/1993, dalle “leggi Bassanini” e dalla legge-quadro 150/2000, sia riguardo al diritto di accesso nei confronti dell’attività dell’amministrazione, sia in merito al radicamento di criteri di efficacia, efficienza ed economicità delle policies sia agli strumenti con cui gli Enti locali e cittadini possono comunicare. Gli anni ‘90 segnano l’inizio di un processo volto alla riorganizzazione delle PA (...) a partire dalla centralità della comunicazione istituzionale ma anche della concezione del “diritto all’informazione” nelle tre accezioni di diritto “di informare, “di informarsi” e “essere informati”. La Levi ha ben sottolineato “la rapidità inusuale nella storia nazionale” di tale riforma e la centralità assunta in essa dalle dimensioni dell’informazione, della comunicazione e della partecipazione: "In sintesi, si può ritenere legittimo concludere che le riforme del decennio 1990-2000 abbiano segnato il passaggio dal segreto alla trasparenza e dall’unilateralità alla partecipazione. Le politiche di modernizzazione in tema di comunicazione pubblica e di maggiore trasparenza dell’attività dell’amministrazione si sono mosse verso una più marcata tutela dei diritti dei cittadini e verso l’accentuazione del risultato dell’azione amministrativa" (2004, p. 16). Grandi ha ribadito che tale evoluzione costituisce nella cultura politica dello stato di diritto una «sorta di pre-condizione dell’emergere dei nuovi diritti di cittadinanza, intesi quale partecipazione consapevole e informata al processo decisionale pubblico» (Grandi 20022, 13). Nel secondo paragrafo verranno descritte gli ambiti di applicazione, le finalità, gli obiettivi e le strutture della comunicazione istituzionale disciplinate dalla legge n. 150/2000 e dai conseguenti regolamenti attuativi: il Portavoce, l’Ufficio stampa, l’Ufficio per le relazioni al pubblico. Come vedremo, si tratta di una normativa che rappresenta un punto di arrivo e un punto di partenza, in quanto, da un lato, se chiude il decennio delle riforme amministrative, d’altro lato, problematizza compiutamente per la prima volta il rapporto di comunicazione tra PA e cittadini e pone in evidenza tutte le difficoltà nell’implementare le norme nella realtà. Agli elementi critici della comunicazione istituzionale sono riservate le considerazioni conclusive: dal reclutamento e formazione del personale, al coordinamento delle strutture, dal persistere di mentalità burocratiche e autoreferenziale alla carenza di risorse. Il problema delle dotazioni organiche e finanziarie, in particolare, è molto sentito dalle amministrazioni di dimensioni più piccole, le quali spesso ricorrono alla “esternalizzazione” di attività degli uffici di comunicazione, non solo per la produzione editoriale, le campagne pubblicitarie e i servizi di gestione degli eventi, ma anche per il sito internet e i compiti di informazione più tradizionali. In tale situazione, la comunicazione istituzionale, pur dichiarata come strategica, rischia di rimanere un momento residuale dell’azione pubblica sia in termini di processo sia in termini di contenuto, slegata dagli obiettivi dell’organizzazione. (shrink)

Several have denied that there is, specifically, a criterion of identity for persons and some deny that there are, for any kind, diachronic criteria of identity. I argue, however, that there are no criteria of identity, either synchronic or diachronic, for any kind whatsoever. I begin by elaborating the notion of a criterion of identity in order to clarify what exactly is being denied when I maintain there are none. I examine the motivation of those who qualify in some way (...) the general claim that there are synchronic and diachronic criteria of identity for every kind, then present my direct and categorical argument against such criteria. I next evaluate the objections of those who argue that rejecting criteria of identity has untenable results. These objections are ineffective, each based on the incorrect assumption that if there is no criterion of identity for a kind, the identity of an instance of that kind is independent of its qualities. I conclude by considering some of the upshots of rejecting criteria of identity and the insight doing so provides into things in general and the limits of ontological inquiry. (shrink)

Il rogo di Giordano Bruno e la sua inquieta filosofia continuano a far pensare; dal 1586 al 1590 il Nolano trascorse in Germania uno dei pochi periodi di serenità della sua esistenza tormentata ed errabonda: l'Oratio Valedictoria e l'Oratio Consolatoria, composte in quegli anni per esternare la sua riconoscenza nei confronti di chi lo aveva accolto con rispetto e magnanimità, sciolgono un vero e proprio inno a quegli ideali per la cui difesa l'ex domenicano lottò incessantemente, fino all'estrema conseguenza del (...) rogo di Campo de' fiori, il 17 febbraio 1600. Amore per la sapienza, tolleranza e libertà di pensiero, al di là di ogni divisione politica o religiosa, vengono qui affermati come criteri di distinzione tra ingegno e bestialità umana. (shrink)